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OSSERVAZIONI 1. La Valutazione di Impatto Ambientale richiesta dalla ditta Zugaro Guido & C. s.a.s. per la realizzazione di una nuova cava e di cui è stato dato avviso al pubblico in data 17.5.2012 è improcedibile ed inammissibile per le seguenti ragioni: A) L’art. 63 N.T.A. del vigente P.R.G. del Comune di L’Aquila esclude l’apertura di nuove cave all’interno del territorio comunale; stante la persistente assenza di Piano Regionale per l’esercizio delle attività estrattive e di escavazione (art. 7 ss. L.R. 54/1983) così come del disciplinare previsto in via provvisoria (art. 38 L.R. 54/1983 come modificato dall’art. 168, comma 3, L.R. 15/2004) questa previsione preclude la realizzazione dell’intervento per cui è richiesta la valutazione dell’impatto ambientale.
B) L’art. 29 L.R. 1/2012, entrato in vigore l’1.1.2012, prescrive la sospensione del rilascio dei provvedimenti autorizzativi/concessorii per l’esercizio di nuove attività estrattive e di escavazione e l’improcedibilità delle richieste di concessione per l’esercizio di nuove attività estrattive e di escavazione presentate successivamente all’entrata in vigore della norma e ciò fino all’approvazione del Piano Regionale per l’esercizio delle attività estrattive e di escavazione.
C) E’ stato dato avviso al pubblico del progetto come interessante “terreni siti in località Piano di Macchia delle frazioni Paganica e Pescomaggiore del Comune di L’Aquila” invece nella relazione non tecnica si legge di un progetto “in località Colle Mezzano nella frazione di Paganica e Pescomaggiore”; solo ad un attento esame della relazione non tecnica, dello studio e delle cartografie allegate si giunge alla conclusione che il progetto riguarda tanto la località Piano di Macchia quanto la località Colle Mezzano, ma la confusione ingenerata nel pubblico è tale da viziare la partecipazione di tutti gli interessati al procedimento di valutazione di impatto ambientale.
D)La ditta non ha la disponibilità della grande maggioranza dei suoli interessati dalla studio di impatto ambientale. Per quanto attiene ai terreni demaniali civici pacificamente di pertinenza delle frazioni di Pescomaggiore e di Paganica la Regione Abruzzo aveva autorizzato il Comune di L’Aquila al mutamento di destinazione per concessione ad attività estrattiva con determinazioni dirigenziali DH16/1135/Usi Civici del 21.12.2005 (Pescomaggiore), DH7/390/Usi civici del 10.4.2008 (Piano di Macchia) e DH7/912/Usi civici del 17.11.2008 (condotto di collegamento sul fianco di Colle Mezzano). Il Comune di L’Aquila è decaduto da tutte le indicate autorizzazioni non avendo stipulato la concessione nel prescritto termine biennale. Ne consegue il permanere della destinazione legale ad uso agro-silvo-pastorale dei terreni demaniali civici. La ditta menziona l’acquisita disponibilità altresì di terreni privati. Si tratta di un’informazione almeno parzialmente erronea. Per quanto attiene ai terreni distinti nel Catasto del Comune censuario di Camarda (Fg. 80) trattasi di terreni demaniali civici legittimati nel possesso nel 1943. In ragione del non uso ultraventennale da parte degli occupatori (come agevolmente desumibile dalla pertinente cartografia in possesso della Regione e comunque mediante sopralluogo) i provvedimenti di legittimazione hanno perduto effetto ritornando i terreni un tempo occupati all’originario e pieno regime demaniale civico. Per quanto attiene ai terreni distinti nel Catasto del Comune censuario di Paganica trattasi di terreni demaniali civici conciliati nel possesso nel XIX° sec., tale provvedimento di conciliazione perde effetto lì dove i terreni non vengano coltivati per oltre tre anni. Il che è quello che è avvenuto e per un periodo di tempo ben più lungo (come agevolmente desumibile dalla pertinente cartografia in possesso della Regione e comunque mediante sopralluogo) ritornando i terreni un tempo conciliati all’originario e pieno regime demaniale civico.
E) La ditta ha elusivamente frazionato lo studio di impatto ambientale. Si desume dalla relazione non tecnica che l’apertura della nuova cava (di 24,29 ha) è strumentale all’attività industriale “di recente intrapresa per la valorizzazione del materiale calcareo attraverso la realizzazione di un moderno stabilimento nel Nucleo Industriale di Bazzano per la produzione di micronizzati e prodotti derivati che consentiranno il razionale utilizzo della materia prima che viene prodotta dalla cava” e che, prima di raggiungere lo stabilimento industriale, la materia prima “mediante un trasportatore a nastro raggiungerà il sito principale di stoccaggio, lavorazione e selezione dell’inerte esistente nell’attuale cava in località La Forma gestita dalla Zugaro Guido & C. […] che sarà pressoché esaurita quando entrerà in produzione la nuova”. Si ignora attraverso quale procedura siano stati valutati gli impatti ambientali del nuovo stabilimento industriale. Mentre con Giudizio n. 1452 del 11.3.2010 il Comitato di Coordinamento regionale per la Valutazione di Impatto ambientale – nonostante le avverse osservazioni formulate dallo scrivente quale residente e quale presidente p.t. del Comitato per la Rinascita di Pescomaggiore – aveva espresso parere favorevole all’ampliamento del sito di cava in loc. La Forma sul presupposto della durata decennale dell’attività. A due anni di distanza l’esaurimento del sito di cava in loc. La Forma è invece divenuta “prossima”! Appare del tutto evidente che non può aversi una corretta valutazione degli impatti sull’ambiente del progetto estrattivo-industriale della ditta proponente se non studiando complessivamente: a) l’insediamento dello stabilimento industriale, b) la variante al progetto di cava in ampliamento in loc. la Forma (rectius La Serra, anche se nel seguito si utilizzerà la denominazione impropria abusata dalla ditta proponente), c) il progetto di nuova cava nelle località Piano di Macchia e Colle Mezzano, d) le relazioni tra queste tre sub-entità.
Si aggiunga che la nuova cava viene prevista per una durata di 19 anni, periodo di tempo insufficiente ad ammortizzare un investimento industriale quale quello vantato dalla ditta proponente, e che le decadute autorizzazioni al mutamento di destinazione interessavano terreni ulteriori oltre quelli oggi indicati come oggetto della nuova cava.
2. Ai sensi dell’art. 7, comma 4-bis, D.Lgs. 152/2006 e dell’allegato III, lett. s) al medesimo decreto legislativo il progetto (anche nella versione frazionata elusivamente proposta dalla ditta) è pienamente assoggettato a Valutazione dell’Impatto Ambientale trattandosi di cava che interessa un’area superiore ai 20 ha.
3. I terreni demaniali civici interessati dal progetto proposto a valutazione debbono ritenersi e considerarsi quali beni paesaggistici per il combinato disposto degli artt. 2, comma 1, 134, comma 1, lett. b) e 142, comma 1, lett. h) D.Lgs. 42/2004. Per costante giurisprudenza la stessa qualificazione e considerazione ricevono i terreni demaniali civici il cui possesso da parte di occupatori sia stato formalmente legittimato, anche ove – errando - non si voglia accedere all’evidenza di cui al punto 1, lett. D. Tutta l’area in esame, come quelle contermini, è oggetto di pascolo da parte di allevatori locali. In prossimità dell’area insiste anche un ricovero stabilmente utilizzato per il ricovero degli animali. Il mantenimento dell’attività pascoliva, oltre a consentire il persistere degli equilibri ecologici, costituisce altresì fonte di lavoro e di reddito. Nell’area vegetano spontaneamente ed abbondantemente santoreggia montana, issopo, iperico, elicriso ed altre essenze erbacee nonché ginepro e rosa canina, tutte oggetto di raccolta d’uso civico.
4. Nell’area interessata dal progetto proposto a valutazione e nelle immediate vicinanze insistono diverse capanne di pietra (“a tholos”) che la Regione Abruzzo con L.R. 17/1997 ha individuato quali beni culturali primari unitamente al tratto di terreno che concorre a formare il quadro di insieme. Alcune di queste sono riportate anche nella cartografia IGM ed almeno una è documentata come esistente sin dal XVI° secolo (loc. Casozzo, in prossimità del confine storico tra Paganica, Filetto e Pescomaggiore). L’area è inoltre contornata da importanti opere agricole in pietra (mandrioni a secco, macere) di sicura rilevanza culturale ed etnoantropologica. Questi manufatti sono destinati a scomparire, quando interni all’area di cava, ovvero ad essere gravemente deteriorati e danneggiati per l’uso di esplosivo e comunque per le vibrazioni indotte dall’attività di cava. Le conseguenze su tali beni culturali primari dell’attività progettata sono ben visibili sulla capanna in pietra (a tholos) presente sulla particella distinta in N.C.T. Comune censuario di Camarda, Fg. 84, p.lla 598, visibile dalla strada provinciale, che si presentava ancora integra nel 2007 ed è andata progressivamente diruta.
5. L’art. 32 L. 394/1991 prevede una speciale disciplina delle attività estrattive nelle aree contigue ai parchi nazionali, quale indubbiamente è quella in oggetto. La ventennale inerzia programmatoria della Regione Abruzzo non può risolversi nella negazione della specificità di tali aree, ragion per cui si è fiduciosi in una rigorosa valutazione dell’attività proposta a circa 2 km dai confini del Parco Nazionale Gran Sasso Monti della Laga
6. Nella relazione non tecnica (pg. 4) si afferma che “un moderno stabilimento nel nucleo industriale di Bazzano per la produzione di micronizzati e prodotti derivati [consentirà] il razionale utilizzo della materia prima che viene prodotta nella cava […] tale industria necessita di un tipo di materiale opportunamente selezionato e fortemente connotato dalle specifiche caratteristiche chimico-fisiche da un’elevata concentrazione di calcare e da una qualità piuttosto particolare di tale materia prima. Dopo una seria approfondita di indagini tale tipo di materiale è stato rilevato in maniera consistente proprio nella zona oggetto di attuale richiesta”. Da qui discenderebbe “l’importanza strategica” del progetto proposto a valutazione “per la continuazione di un’attività industriale di tutto rilievo e di grande importanza socio-economica”. Invero dalla lettura dello studio (pgg. 45-46) si comprende che la destinazione del materiale al “moderno stabilimento” è una pura eventualità (come la ricaduta occupazionale adombrata) dipendente dal successo o meno dei futuri prodotti sul mercato (non innovativi, con importante concorrenza nazionale e destinati ad un settore oltremodo saturo quale quello edile-immobiliare). Inoltre non è dato comprendere da quali approfondite indagini si sia giunti ad individuare il sito proposto come strategico per la genericissima “qualità piuttosto particolare di tale materia prima”. Comunque non ve n’è traccia nello studio, in particolare non si trova nulla del genere nella “relazione geologica, idrogeologica e tecnica”. Quanto al calcare sembrerebbe ad uno sguardo ignorante essere idoneo l’intero territorio regionale, né lo studio presentato non fornisce lumi per uscire da questa ignoranza.
7. La visibilità della nuova cava una volta in esercizio è studiata assumendo come punti di vista l’abitato di Pescomaggiore e S. Felice d’Ocre. L’impatto sugli abitanti di Pescomaggiore è chiaramente comprensibile, ma notevolmente sottovalutato: deve difatti considerarsi la visibilità dal tratto stradale che dall’abitato storico di Pescomaggiore muove lungo la s.p. 103 verso Filetto (e viceversa) assai frequentato quale luogo di passeggiata dai locali e via d’accesso privilegiata a Pescomaggiore discendendo da Campo Imperatore. La vista da S. Felice d’Ocre connota invece la discesa dalla Piana delle Rocche lungo la s.s. 5-bis Marsicana. Nello studio si omette di considerare l’evidenza dell’impatto che questa visibilità avrà sull’attrattività turistica del borgo, notandosi lungo i percorsi più frequentati dai turisti (da una distanza di alcuni chilometri) ben prima la cava che l’abitato. Inoltre non si è considerata la visibilità dalla via della monticazione (tratturo verticale che congiunge Paganica a Campo Imperatore e costituisce il principale asse di accesso non veicolare dalla piana di Paganica al Parco Nazionale del Gran Sasso), dalla chiesa della Madonna delle Grazie (importante emergenza architettonica in tenimento di Filetto), dal ricovero di Fonte Jonica e dalla cima di Monte Croce, né dalla zona del Gran Sasso. Di fatto la prospettata attività estrattiva si pone ben visibilmente al centro di ogni ipotetico itinerario di valorizzazione turistica del borgo di Pescomaggiore indebolendone gravemente le potenzialità. Aggrrava questo impatto negativo la circostanza che i tre lotti funzionali maggiormente visibili sono quelli che saranno oggetto di escavazione per primi i.e. per i primi 7,5 anni di esercizio della nuova cava. Un periodo di tempo assolutamente strategico per imprimere, dopo il dramma del sisma dell’aprile del 2009, uno slancio alla rinascita del borgo di Pescomaggiore lungo le direttrici della valorizzazione intelligente ed a minimo impatto ambientale della concreta dotazione territoriale i.e. agricoltura di qualità, patrimonio culturale, ricettività diffusa, valori naturalistici. Nulla di originale, trattandosi di strategie pacificamente condivise e promosse dall’Unione Europea, dal Governo nazionale, dalla Regione Abruzzo e dagli enti locali, ma in totale contrasto con la prospettiva assunta dalla ditta proponente che – sembra di comprendere - vede in secoli di storia solo un giacimento di calcare. Deve notiziarsi al riguardo che all’interno dell’abitato di Pescomaggiore esiste già un’attività di bed and breakfast ed un secondo edificio è in corso di ristrutturazione per essere adibito a ricettività. Questi investimenti (ed il loro potenziale occupazionale e reddituale) verrebbero sostanzialmente compromessi da una caratterizzazione “industriale” del territorio circostante. Lo stesso valga per l’esperienza dell’ecovillaggio autocostruito (EVA) per la cui conoscenza si rimanda al sito www.pescomaggiore.org, solo menzionando che questo percorso ha attivato investimenti privati (donatori e beneficiari) per oltre 200.000 €, ha visto oltre un migliaio di persone visitare il sito e l’abitato di Pescomaggiore nell’arco di un paio di anni ed attirato un significativo interesse a livello nazionale ed internazionale per l’abitato di Pescomaggiore, la sua storia ed il suo presente che sa guardare al futuro.
8. Nessuna misura viene prevista per mitigare il rilascio di polveri dal fronte di cava, essendo previste misure solo rispetto all’impianto di lavorazione in loc. La Forma. Di fatto vengono raddoppiati i siti di produzione e propagazione delle polveri di lavorazione: uno sul fronte di cava ed uno nell’impianto in loc. la Forma. Ciò considerato le considerazioni svolte in proposito nello studio sono del tutto inidonee a rappresentare l’impatto del progetto proposto, trattandosi della mera e testuale riproposizione dello studio inizialmente realizzato per la precedente V.I.A. (Giudizio n. 1452 del 11.3.2010). Deve inoltre rappresentarsi che, al di là delle previsioni degli studi o delle petizioni di principio della ditta, persiste il fenomeno per cui nei giorni di pioggia le polveri bianche della cava ridotte in fanghiglia fuoriescono dalla strada di accesso alla cava e seguendo la pendenza del terreno scorrono lungo la strada provinciale attraversandola in più punti e residuando sul tratto di strada fanghiglia che aggrava la pericolosità del tratto di strada in questione. Il fenomeno è ben visibile provenendo dalla loc. San Pietro con direzione Pescomaggiore e nel suo sedimentarsi è visibilissimo nel sottopasso di scolo delle acque esistente in prossimità dell’accesso alla cava dalla s.p. 103, pressoché otturato con il trascorrere degli anni. Inoltre nella stagione estiva, che coincide con quella di maggiore vocazione turistica del territorio circostante (escursionismo, cicloturismo, ippoturismo, turismo solidale, attività laboratoriali ed eventi culturali) ed in particolare dell’abitato di Pescomaggiore, persisterebbe il fenomeno, determinato dalla scarsità di precipitazioni e dalle correnti ventose ed oggi agevolmente osservabile, consistente in una nuvola di polvere che dall’impianto di lavorazione in loc. la Forma si alza anche ad altezze considerevoli e si propaga nei dintorni; il fenomeno risulterebbe raddoppiato costituendo il nuovo sito di cava un’ulteriore fonte di produzione e propagazione del detto fenomeno.
Analoga considerazione rispetto alla non idoneità dello studio utilizzato per la V.I.A. svolta negli anni 2009-2010 a prospettare gli impatti della nuova cava deve svolgersi per quanto attiene la rumorosità indotta dall’attività estrattiva progettata, considerato che anche a tal riguardo non si è tenuto in alcun conto il raddoppio delle fonti di rumorosità e la loro interazione.
9. Il procedere per lotti funzionali non parrebbe essere una graziosa concessione della ditta proponente, ma uno specifico dettato normativo. L’art. 11, comma 1, lett. E) della L.R. 54/1983 (introdotta dall’art. 6 L.R. 67/1987) prescrive che il progetto di risanamento ambientale “preveda il ripristino contemporaneo alla coltivazione procedendo per lotti di breve durata”. La circostanza per cui la ditta abbia in passato, per oltre un ventennio, persistito nell’adozione della metodologia consistente nell’intervento su tutta l’area di cava contemporaneamente è ben nota agli abitanti di Pescomaggiore. In sostanziale contrasto con il dettato normativo ed in aperta violazione, almeno a partire dal 2004, della prescrizione regionale contenuta nel giudizio positivo CCR-VIA 384 del 17.6.2004, come già rappresentato a questo Servizio il 16.9.2009 in occasione della precedente V.I.A. per ampliamento e variante della cava in esercizio in loc. La Forma. In difetto di stringenti prescrizioni, congrue garanzie ed adeguati controlli, stante anche l’inadeguatezza dell’attuale quadro sanzionatorio e la cronica insufficienza di mezzi e di coordinamento degli uffici preposti, sarebbe più intellettualmente corretto (sebbene illegale) condurre la valutazione sull’ipotesi che la ditta proponente prosegua nella metodologia “tradizionale”. Si segnala in proposito che, successivamente all’ulteriore ampliamento del sito di cava in loc. La Forma lo scrivente ha più volte formalmente richiesto al Corpo Forestale dello Stato di voler verificare l’andamento dei lavori ed il rispetto del progetto approvato. Non si è avuto alcun riscontro formale, ma si è certi che Codesto Servizio potrà acquisire senza difficoltà dal detto Corpo ogni opportuna informazione in ordine ai controlli sicuramente effettuati.
10. A differenza di quanto desumibile dalla relazione non tecnica, la lettura dello studio e l’esame delle cartografie consente di comprendere che il nastro trasportatore non è sostitutivo della realizzazione ex novo di una viabilità specifica a servizio dell’attività di cava.
11. Non è ben chiaro, né sufficientemente motivato, l’iter logico con cui nella “relazione geologica” si attribuiscono con estrema certezza a due distinte falde superficiali dei reperti idrici rinvenuti in due dei tre sondaggi (S1 ed S2). Al riguardo si esprime sincera preoccupazione, apparendo ad uno sguardo ignorante che l’acqua che cade a Piano di Macchia ed a Colle Mezzano alimenta la Fonte della Forma posta in fondo a Valle Carbone. Quel che è certo è che la “modesta” – ma importantissima nella sua locale unicità e per l’effetto naturalistico che induce – sorgente di Fonte della Forma è posta a rischio di intercettazione e perturbazione nonché di inquinamento per effetto dello scarico delle acque di lavorazione. Eppure nello studio nulla si dice rispetto alle cautele da adottare in proposito. Si segnala che – pur nella sua modesta portata – la Fonte è sufficiente ad alimentare la Fontana di S. Antonio in Paganica, che raggiunge mediante una canalizzazione risalente nell’impianto alla seconda metà del XIX° secolo. Essa è inoltre fondamentale per la piccola agricoltura locale, in particolare per un vivaio di piante da frutto autoctone recuperate grazie al lavoro istituzionale del Parco Nazionale Gran Sasso Laga e realizzato in prossimità della Fonte medesima dall’associazione di promozione sociale MISA.
12. La viabilità esistente consistente nella s.p. 103, pur con la realizzata variante, rimane insufficiente ed assai critica nel tratto da S. Pietro a Fonte della Forma in ragione delle dimensioni e del tracciato che rendono pericoloso il transito contemporaneo nelle due direzioni di marcia. Le piazzole di “scambio” presenti in alcuni punti se pur consentono a due camion di non dover retrocedere per centinaia di metri in caso di incrocio non risolvono, tuttavia, i problemi di sicurezza. La modesta frequentazione del tratto di strada in questione e la sua polverosità ne aggrava ulteriormente la pericolosità, inducendo comportamenti di guida imprudenti e diminuendo l’efficacia degli specchi di cui pure la strada è munita. La predisposizione per questo breve tratto di un senso unico regolato semaforicamente consentirebbe di percorrerlo in piena sicurezza e senza alcun intralcio alla circolazione; peraltro con costi per il pubblico nettamente inferiori a quelli di un intervento di ampliamento della sede stradale. Deve poi segnalarsi che il frequentissimo transito di mezzi pesanti originato dall’attività di cava in esercizio (e che proseguirebbe con l’apertura della nuova cava proposta) determina una consistente usura del manto stradale, particolarmente visibile proprio nel tratto tra la località S. Pietro e l’accesso alla cava in loc. La Forma con aggravio di oneri per le casse pubbliche.
Solo i cittadini, associazioni ed i portatori di interesse registrati e loggati sul sistema informativo possono inviare osservazioni.
DIPARTIMENTO OPERE PUBBLICHE, GOVERNO DEL TERRITORIO E POLITICHE AMBIENTALI - Servizio Valutazione Ambientale - VIA SALARIA ANTICA EST N. 27 - TERZO PIANO67100 L'AQUILA
Osservazioni
1. La Valutazione di Impatto Ambientale richiesta dalla ditta Zugaro Guido & C. s.a.s. per la realizzazione di una nuova cava e di cui è stato dato avviso al pubblico in data 17.5.2012 è improcedibile ed inammissibile per le seguenti ragioni:
A) L’art. 63 N.T.A. del vigente P.R.G. del Comune di L’Aquila esclude l’apertura di nuove cave all’interno del territorio comunale; stante la persistente assenza di Piano Regionale per l’esercizio delle attività estrattive e di escavazione (art. 7 ss. L.R. 54/1983) così come del disciplinare previsto in via provvisoria (art. 38 L.R. 54/1983 come modificato dall’art. 168, comma 3, L.R. 15/2004) questa previsione preclude la realizzazione dell’intervento per cui è richiesta la valutazione dell’impatto ambientale.
B) L’art. 29 L.R. 1/2012, entrato in vigore l’1.1.2012, prescrive la sospensione del rilascio dei provvedimenti autorizzativi/concessorii per l’esercizio di nuove attività estrattive e di escavazione e l’improcedibilità delle richieste di concessione per l’esercizio di nuove attività estrattive e di escavazione presentate successivamente all’entrata in vigore della norma e ciò fino all’approvazione del Piano Regionale per l’esercizio delle attività estrattive e di escavazione.
C) E’ stato dato avviso al pubblico del progetto come interessante “terreni siti in località Piano di Macchia delle frazioni Paganica e Pescomaggiore del Comune di L’Aquila” invece nella relazione non tecnica si legge di un progetto “in località Colle Mezzano nella frazione di Paganica e Pescomaggiore”; solo ad un attento esame della relazione non tecnica, dello studio e delle cartografie allegate si giunge alla conclusione che il progetto riguarda tanto la località Piano di Macchia quanto la località Colle Mezzano, ma la confusione ingenerata nel pubblico è tale da viziare la partecipazione di tutti gli interessati al procedimento di valutazione di impatto ambientale.
D)La ditta non ha la disponibilità della grande maggioranza dei suoli interessati dalla studio di impatto ambientale.
Per quanto attiene ai terreni demaniali civici pacificamente di pertinenza delle frazioni di Pescomaggiore e di Paganica la Regione Abruzzo aveva autorizzato il Comune di L’Aquila al mutamento di destinazione per concessione ad attività estrattiva con determinazioni dirigenziali DH16/1135/Usi Civici del 21.12.2005 (Pescomaggiore), DH7/390/Usi civici del 10.4.2008 (Piano di Macchia) e DH7/912/Usi civici del 17.11.2008 (condotto di collegamento sul fianco di Colle Mezzano).
Il Comune di L’Aquila è decaduto da tutte le indicate autorizzazioni non avendo stipulato la concessione nel prescritto termine biennale. Ne consegue il permanere della destinazione legale ad uso agro-silvo-pastorale dei terreni demaniali civici.
La ditta menziona l’acquisita disponibilità altresì di terreni privati. Si tratta di un’informazione almeno parzialmente erronea.
Per quanto attiene ai terreni distinti nel Catasto del Comune censuario di Camarda (Fg. 80) trattasi di terreni demaniali civici legittimati nel possesso nel 1943. In ragione del non uso ultraventennale da parte degli occupatori (come agevolmente desumibile dalla pertinente cartografia in possesso della Regione e comunque mediante sopralluogo) i provvedimenti di legittimazione hanno perduto effetto ritornando i terreni un tempo occupati all’originario e pieno regime demaniale civico.
Per quanto attiene ai terreni distinti nel Catasto del Comune censuario di Paganica trattasi di terreni demaniali civici conciliati nel possesso nel XIX° sec., tale provvedimento di conciliazione perde effetto lì dove i terreni non vengano coltivati per oltre tre anni. Il che è quello che è avvenuto e per un periodo di tempo ben più lungo (come agevolmente desumibile dalla pertinente cartografia in possesso della Regione e comunque mediante sopralluogo) ritornando i terreni un tempo conciliati all’originario e pieno regime demaniale civico.
E) La ditta ha elusivamente frazionato lo studio di impatto ambientale.
Si desume dalla relazione non tecnica che l’apertura della nuova cava (di 24,29 ha) è strumentale all’attività industriale “di recente intrapresa per la valorizzazione del materiale calcareo attraverso la realizzazione di un moderno stabilimento nel Nucleo Industriale di Bazzano per la produzione di micronizzati e prodotti derivati che consentiranno il razionale utilizzo della materia prima che viene prodotta dalla cava” e che, prima di raggiungere lo stabilimento industriale, la materia prima “mediante un trasportatore a nastro raggiungerà il sito principale di stoccaggio, lavorazione e selezione dell’inerte esistente nell’attuale cava in località La Forma gestita dalla Zugaro Guido & C. […] che sarà pressoché esaurita quando entrerà in produzione la nuova”.
Si ignora attraverso quale procedura siano stati valutati gli impatti ambientali del nuovo stabilimento industriale.
Mentre con Giudizio n. 1452 del 11.3.2010 il Comitato di Coordinamento regionale per la Valutazione di Impatto ambientale – nonostante le avverse osservazioni formulate dallo scrivente quale residente e quale presidente p.t. del Comitato per la Rinascita di Pescomaggiore – aveva espresso parere favorevole all’ampliamento del sito di cava in loc. La Forma sul presupposto della durata decennale dell’attività.
A due anni di distanza l’esaurimento del sito di cava in loc. La Forma è invece divenuta “prossima”!
Appare del tutto evidente che non può aversi una corretta valutazione degli impatti sull’ambiente del progetto estrattivo-industriale della ditta proponente se non studiando complessivamente:
a) l’insediamento dello stabilimento industriale,
b) la variante al progetto di cava in ampliamento in loc. la Forma (rectius La Serra, anche se nel seguito si utilizzerà la denominazione impropria abusata dalla ditta proponente),
c) il progetto di nuova cava nelle località Piano di Macchia e Colle Mezzano,
d) le relazioni tra queste tre sub-entità.
Si aggiunga che la nuova cava viene prevista per una durata di 19 anni, periodo di tempo insufficiente ad ammortizzare un investimento industriale quale quello vantato dalla ditta proponente, e che le decadute autorizzazioni al mutamento di destinazione interessavano terreni ulteriori oltre quelli oggi indicati come oggetto della nuova cava.
2. Ai sensi dell’art. 7, comma 4-bis, D.Lgs. 152/2006 e dell’allegato III, lett. s) al medesimo decreto legislativo il progetto (anche nella versione frazionata elusivamente proposta dalla ditta) è pienamente assoggettato a Valutazione dell’Impatto Ambientale trattandosi di cava che interessa un’area superiore ai 20 ha.
3. I terreni demaniali civici interessati dal progetto proposto a valutazione debbono ritenersi e considerarsi quali beni paesaggistici per il combinato disposto degli artt. 2, comma 1, 134, comma 1, lett. b) e 142, comma 1, lett. h) D.Lgs. 42/2004.
Per costante giurisprudenza la stessa qualificazione e considerazione ricevono i terreni demaniali civici il cui possesso da parte di occupatori sia stato formalmente legittimato, anche ove – errando - non si voglia accedere all’evidenza di cui al punto 1, lett. D.
Tutta l’area in esame, come quelle contermini, è oggetto di pascolo da parte di allevatori locali. In prossimità dell’area insiste anche un ricovero stabilmente utilizzato per il ricovero degli animali. Il mantenimento dell’attività pascoliva, oltre a consentire il persistere degli equilibri ecologici, costituisce altresì fonte di lavoro e di reddito.
Nell’area vegetano spontaneamente ed abbondantemente santoreggia montana, issopo, iperico, elicriso ed altre essenze erbacee nonché ginepro e rosa canina, tutte oggetto di raccolta d’uso civico.
4. Nell’area interessata dal progetto proposto a valutazione e nelle immediate vicinanze insistono diverse capanne di pietra (“a tholos”) che la Regione Abruzzo con L.R. 17/1997 ha individuato quali beni culturali primari unitamente al tratto di terreno che concorre a formare il quadro di insieme.
Alcune di queste sono riportate anche nella cartografia IGM ed almeno una è documentata come esistente sin dal XVI° secolo (loc. Casozzo, in prossimità del confine storico tra Paganica, Filetto e Pescomaggiore).
L’area è inoltre contornata da importanti opere agricole in pietra (mandrioni a secco, macere) di sicura rilevanza culturale ed etnoantropologica.
Questi manufatti sono destinati a scomparire, quando interni all’area di cava, ovvero ad essere gravemente deteriorati e danneggiati per l’uso di esplosivo e comunque per le vibrazioni indotte dall’attività di cava.
Le conseguenze su tali beni culturali primari dell’attività progettata sono ben visibili sulla capanna in pietra (a tholos) presente sulla particella distinta in N.C.T. Comune censuario di Camarda, Fg. 84, p.lla 598, visibile dalla strada provinciale, che si presentava ancora integra nel 2007 ed è andata progressivamente diruta.
5. L’art. 32 L. 394/1991 prevede una speciale disciplina delle attività estrattive nelle aree contigue ai parchi nazionali, quale indubbiamente è quella in oggetto. La ventennale inerzia programmatoria della Regione Abruzzo non può risolversi nella negazione della specificità di tali aree, ragion per cui si è fiduciosi in una rigorosa valutazione dell’attività proposta a circa 2 km dai confini del Parco Nazionale Gran Sasso Monti della Laga
6. Nella relazione non tecnica (pg. 4) si afferma che “un moderno stabilimento nel nucleo industriale di Bazzano per la produzione di micronizzati e prodotti derivati [consentirà] il razionale utilizzo della materia prima che viene prodotta nella cava […] tale industria necessita di un tipo di materiale opportunamente selezionato e fortemente connotato dalle specifiche caratteristiche chimico-fisiche da un’elevata concentrazione di calcare e da una qualità piuttosto particolare di tale materia prima. Dopo una seria approfondita di indagini tale tipo di materiale è stato rilevato in maniera consistente proprio nella zona oggetto di attuale richiesta”. Da qui discenderebbe “l’importanza strategica” del progetto proposto a valutazione “per la continuazione di un’attività industriale di tutto rilievo e di grande importanza socio-economica”.
Invero dalla lettura dello studio (pgg. 45-46) si comprende che la destinazione del materiale al “moderno stabilimento” è una pura eventualità (come la ricaduta occupazionale adombrata) dipendente dal successo o meno dei futuri prodotti sul mercato (non innovativi, con importante concorrenza nazionale e destinati ad un settore oltremodo saturo quale quello edile-immobiliare).
Inoltre non è dato comprendere da quali approfondite indagini si sia giunti ad individuare il sito proposto come strategico per la genericissima “qualità piuttosto particolare di tale materia prima”. Comunque non ve n’è traccia nello studio, in particolare non si trova nulla del genere nella “relazione geologica, idrogeologica e tecnica”.
Quanto al calcare sembrerebbe ad uno sguardo ignorante essere idoneo l’intero territorio regionale, né lo studio presentato non fornisce lumi per uscire da questa ignoranza.
7. La visibilità della nuova cava una volta in esercizio è studiata assumendo come punti di vista l’abitato di Pescomaggiore e S. Felice d’Ocre.
L’impatto sugli abitanti di Pescomaggiore è chiaramente comprensibile, ma notevolmente sottovalutato: deve difatti considerarsi la visibilità dal tratto stradale che dall’abitato storico di Pescomaggiore muove lungo la s.p. 103 verso Filetto (e viceversa) assai frequentato quale luogo di passeggiata dai locali e via d’accesso privilegiata a Pescomaggiore discendendo da Campo Imperatore.
La vista da S. Felice d’Ocre connota invece la discesa dalla Piana delle Rocche lungo la s.s. 5-bis Marsicana.
Nello studio si omette di considerare l’evidenza dell’impatto che questa visibilità avrà sull’attrattività turistica del borgo, notandosi lungo i percorsi più frequentati dai turisti (da una distanza di alcuni chilometri) ben prima la cava che l’abitato.
Inoltre non si è considerata la visibilità dalla via della monticazione (tratturo verticale che congiunge Paganica a Campo Imperatore e costituisce il principale asse di accesso non veicolare dalla piana di Paganica al Parco Nazionale del Gran Sasso), dalla chiesa della Madonna delle Grazie (importante emergenza architettonica in tenimento di Filetto), dal ricovero di Fonte Jonica e dalla cima di Monte Croce, né dalla zona del Gran Sasso.
Di fatto la prospettata attività estrattiva si pone ben visibilmente al centro di ogni ipotetico itinerario di valorizzazione turistica del borgo di Pescomaggiore indebolendone gravemente le potenzialità.
Aggrrava questo impatto negativo la circostanza che i tre lotti funzionali maggiormente visibili sono quelli che saranno oggetto di escavazione per primi i.e. per i primi 7,5 anni di esercizio della nuova cava.
Un periodo di tempo assolutamente strategico per imprimere, dopo il dramma del sisma dell’aprile del 2009, uno slancio alla rinascita del borgo di Pescomaggiore lungo le direttrici della valorizzazione intelligente ed a minimo impatto ambientale della concreta dotazione territoriale i.e. agricoltura di qualità, patrimonio culturale, ricettività diffusa, valori naturalistici.
Nulla di originale, trattandosi di strategie pacificamente condivise e promosse dall’Unione Europea, dal Governo nazionale, dalla Regione Abruzzo e dagli enti locali, ma in totale contrasto con la prospettiva assunta dalla ditta proponente che – sembra di comprendere - vede in secoli di storia solo un giacimento di calcare.
Deve notiziarsi al riguardo che all’interno dell’abitato di Pescomaggiore esiste già un’attività di bed and breakfast ed un secondo edificio è in corso di ristrutturazione per essere adibito a ricettività. Questi investimenti (ed il loro potenziale occupazionale e reddituale) verrebbero sostanzialmente compromessi da una caratterizzazione “industriale” del territorio circostante.
Lo stesso valga per l’esperienza dell’ecovillaggio autocostruito (EVA) per la cui conoscenza si rimanda al sito www.pescomaggiore.org, solo menzionando che questo percorso ha attivato investimenti privati (donatori e beneficiari) per oltre 200.000 €, ha visto oltre un migliaio di persone visitare il sito e l’abitato di Pescomaggiore nell’arco di un paio di anni ed attirato un significativo interesse a livello nazionale ed internazionale per l’abitato di Pescomaggiore, la sua storia ed il suo presente che sa guardare al futuro.
8. Nessuna misura viene prevista per mitigare il rilascio di polveri dal fronte di cava, essendo previste misure solo rispetto all’impianto di lavorazione in loc. La Forma.
Di fatto vengono raddoppiati i siti di produzione e propagazione delle polveri di lavorazione: uno sul fronte di cava ed uno nell’impianto in loc. la Forma.
Ciò considerato le considerazioni svolte in proposito nello studio sono del tutto inidonee a rappresentare l’impatto del progetto proposto, trattandosi della mera e testuale riproposizione dello studio inizialmente realizzato per la precedente V.I.A. (Giudizio n. 1452 del 11.3.2010).
Deve inoltre rappresentarsi che, al di là delle previsioni degli studi o delle petizioni di principio della ditta, persiste il fenomeno per cui nei giorni di pioggia le polveri bianche della cava ridotte in fanghiglia fuoriescono dalla strada di accesso alla cava e seguendo la pendenza del terreno scorrono lungo la strada provinciale attraversandola in più punti e residuando sul tratto di strada fanghiglia che aggrava la pericolosità del tratto di strada in questione.
Il fenomeno è ben visibile provenendo dalla loc. San Pietro con direzione Pescomaggiore e nel suo sedimentarsi è visibilissimo nel sottopasso di scolo delle acque esistente in prossimità dell’accesso alla cava dalla s.p. 103, pressoché otturato con il trascorrere degli anni.
Inoltre nella stagione estiva, che coincide con quella di maggiore vocazione turistica del territorio circostante (escursionismo, cicloturismo, ippoturismo, turismo solidale, attività laboratoriali ed eventi culturali) ed in particolare dell’abitato di Pescomaggiore, persisterebbe il fenomeno, determinato dalla scarsità di precipitazioni e dalle correnti ventose ed oggi agevolmente osservabile, consistente in una nuvola di polvere che dall’impianto di lavorazione in loc. la Forma si alza anche ad altezze considerevoli e si propaga nei dintorni; il fenomeno risulterebbe raddoppiato costituendo il nuovo sito di cava un’ulteriore fonte di produzione e propagazione del detto fenomeno.
Analoga considerazione rispetto alla non idoneità dello studio utilizzato per la V.I.A. svolta negli anni 2009-2010 a prospettare gli impatti della nuova cava deve svolgersi per quanto attiene la rumorosità indotta dall’attività estrattiva progettata, considerato che anche a tal riguardo non si è tenuto in alcun conto il raddoppio delle fonti di rumorosità e la loro interazione.
9. Il procedere per lotti funzionali non parrebbe essere una graziosa concessione della ditta proponente, ma uno specifico dettato normativo. L’art. 11, comma 1, lett. E) della L.R. 54/1983 (introdotta dall’art. 6 L.R. 67/1987) prescrive che il progetto di risanamento ambientale “preveda il ripristino contemporaneo alla coltivazione procedendo per lotti di breve durata”.
La circostanza per cui la ditta abbia in passato, per oltre un ventennio, persistito nell’adozione della metodologia consistente nell’intervento su tutta l’area di cava contemporaneamente è ben nota agli abitanti di Pescomaggiore.
In sostanziale contrasto con il dettato normativo ed in aperta violazione, almeno a partire dal 2004, della prescrizione regionale contenuta nel giudizio positivo CCR-VIA 384 del 17.6.2004, come già rappresentato a questo Servizio il 16.9.2009 in occasione della precedente V.I.A. per ampliamento e variante della cava in esercizio in loc. La Forma.
In difetto di stringenti prescrizioni, congrue garanzie ed adeguati controlli, stante anche l’inadeguatezza dell’attuale quadro sanzionatorio e la cronica insufficienza di mezzi e di coordinamento degli uffici preposti, sarebbe più intellettualmente corretto (sebbene illegale) condurre la valutazione sull’ipotesi che la ditta proponente prosegua nella metodologia “tradizionale”.
Si segnala in proposito che, successivamente all’ulteriore ampliamento del sito di cava in loc. La Forma lo scrivente ha più volte formalmente richiesto al Corpo Forestale dello Stato di voler verificare l’andamento dei lavori ed il rispetto del progetto approvato.
Non si è avuto alcun riscontro formale, ma si è certi che Codesto Servizio potrà acquisire senza difficoltà dal detto Corpo ogni opportuna informazione in ordine ai controlli sicuramente effettuati.
10. A differenza di quanto desumibile dalla relazione non tecnica, la lettura dello studio e l’esame delle cartografie consente di comprendere che il nastro trasportatore non è sostitutivo della realizzazione ex novo di una viabilità specifica a servizio dell’attività di cava.
11. Non è ben chiaro, né sufficientemente motivato, l’iter logico con cui nella “relazione geologica” si attribuiscono con estrema certezza a due distinte falde superficiali dei reperti idrici rinvenuti in due dei tre sondaggi (S1 ed S2).
Al riguardo si esprime sincera preoccupazione, apparendo ad uno sguardo ignorante che l’acqua che cade a Piano di Macchia ed a Colle Mezzano alimenta la Fonte della Forma posta in fondo a Valle Carbone.
Quel che è certo è che la “modesta” – ma importantissima nella sua locale unicità e per l’effetto naturalistico che induce – sorgente di Fonte della Forma è posta a rischio di intercettazione e perturbazione nonché di inquinamento per effetto dello scarico delle acque di lavorazione.
Eppure nello studio nulla si dice rispetto alle cautele da adottare in proposito.
Si segnala che – pur nella sua modesta portata – la Fonte è sufficiente ad alimentare la Fontana di S. Antonio in Paganica, che raggiunge mediante una canalizzazione risalente nell’impianto alla seconda metà del XIX° secolo.
Essa è inoltre fondamentale per la piccola agricoltura locale, in particolare per un vivaio di piante da frutto autoctone recuperate grazie al lavoro istituzionale del Parco Nazionale Gran Sasso Laga e realizzato in prossimità della Fonte medesima dall’associazione di promozione sociale MISA.
12. La viabilità esistente consistente nella s.p. 103, pur con la realizzata variante, rimane insufficiente ed assai critica nel tratto da S. Pietro a Fonte della Forma in ragione delle dimensioni e del tracciato che rendono pericoloso il transito contemporaneo nelle due direzioni di marcia.
Le piazzole di “scambio” presenti in alcuni punti se pur consentono a due camion di non dover retrocedere per centinaia di metri in caso di incrocio non risolvono, tuttavia, i problemi di sicurezza.
La modesta frequentazione del tratto di strada in questione e la sua polverosità ne aggrava ulteriormente la pericolosità, inducendo comportamenti di guida imprudenti e diminuendo l’efficacia degli specchi di cui pure la strada è munita.
La predisposizione per questo breve tratto di un senso unico regolato semaforicamente consentirebbe di percorrerlo in piena sicurezza e senza alcun intralcio alla circolazione; peraltro con costi per il pubblico nettamente inferiori a quelli di un intervento di ampliamento della sede stradale.
Deve poi segnalarsi che il frequentissimo transito di mezzi pesanti originato dall’attività di cava in esercizio (e che proseguirebbe con l’apertura della nuova cava proposta) determina una consistente usura del manto stradale, particolarmente visibile proprio nel tratto tra la località S. Pietro e l’accesso alla cava in loc. La Forma con aggravio di oneri per le casse pubbliche.